Quale miracolo

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Quale miracolo è avvenuto in pochi decenni, in meno di due secoli (V° e VI° d.C.), in un paese fino ad allora paludoso ed inospitale?

Sidonio Apollinare così la definiva, all’inizio del 400: “Ravenna non è che una palude dove tutte le forme della vita si presentano alla rovescia. Dove i muri cadono e le acque stanno, le torri scorrono giù e le navi si piantano fisse, gl’invalidi vanno girando e i loro medici si mettono a letto, i bagni gelano e le case bruciano, i vivi muoiono di sete e i morti nuotano galleggiando sull’acqua, i ladri vegliano e i magistrati dormono, i preti fanno gli usurai e i siriani cantano salmi, i mercanti vanno armati e i soldati mercanteggiano come rivenduglioli, le barbe grigie giuocano a palla e i ragazzi ai dadi, gli eunuchi studiano l’arte della guerra e i mercenari barbari studiano letteratura.”.
Era passato mezzo millennio da quando Augusto aveva creato il grande porto di Classe, ma ormai il territorio era tutto una palude, tutto era affondato in un acquitrino insalubre.
Eppure proprio lì, nel volgere di pochi decenni, il grande Teodorico avrebbe dato inizio ad una splendida civiltà: quella di Ravenna.

Domenica 5 marzo Annalisa ci ha accompagnati a vedere quelle stupende architetture, lo splendore dei mosaici pieni della pura luce dell’oro e dell’incanto del blu dei cieli trapunti di minute stelle, che ci raccontano di processioni di vergini e di martiri, dei segreti della regina Teodora (molto “chiacchierata” da giovane, ma poi moglie dell’Imperatore d’Oriente Giustiniano), delle grandi intuizioni del primo Imperatore d’Occidente Onorio che morì troppo presto per vederle realizzate, e della sorella Galla Placidia.

E così, senza tempi morti, salvo l’immancabile sosta per il pranzo, percorremmo le vie centrali di Ravenna con una guida che ci fece visitare, nell’ordine, la Chiesa di S. Giovanni Evangelista (voluta per adempiere un voto di Galla Placidia; distrutta, dopo 1500 anni, dai bombardamenti aerei della 2^ guerra mondiale ed ora ricostruita com’era); Sant’Apollinare Nuovo (fatto innalzare da Teodorico che lo dedicò al Redentore e lo destinò inizialmente al culto ariano); il Battistero degli Ariani (col grande mosaico sul soffitto a rappresentare il battesimo di Cristo sul Giordano); il Battistero degli Ortodossi (con l’altro analogo mosaico); la tomba di Dante; la Chiesa di San Francesco, Piazza del Popolo ed infine, nel pomeriggio, il geniale capolavoro della Chiesa di San Vitale, consacrata nel 547 (ricca di prospettive per la disposizione a raggiera che moltiplica i punti di vista, tra le più alte espressioni dello stile architettonico bizantino, coi famosi mosaici di Teodora che reca il calice e di Giustiniano che reca la patena d’oro) e il piccolo ma preziosissimo tesoro del Mausoleo di Galla Placidia (i pochi metri quadrati delle superfici murarie sono interamente ricoperti, anche nelle volte e nelle lunette, di mosaici che conferiscono, con lo splendore dei colori e dell’oro, una diffusa astratta luce che toglie ogni peso di realtà all’antico mondo romano e lo immerge nella visione trascendentale e contemplativa dell’Oriente mistico e favoloso). Infine, sulla via del ritorno, l’ultima visita a Sant’Apollinare in Classe (coi grandi mosaici dell’arco trionfale e del catino absidale e con la curiosa cripta ora allagata per l’inarrestabile “subsidenza” che colpisce tutte le opere dell’architettura ravennate).

Giornata memorabile nella quale il tempo è stato proficuamente impiegato per vedere, soprattutto, i colori dei mosaici che studiammo, ai tempi della scuola, chini sui libri che però avevano ancora le immagini in bianco e nero (e quest’ultima affermazione può dare adito a supposizioni circa l’età dello scrivente).

A.

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