Più giù del cuore dell’Africa nera

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“Lo spirito dell’Africa assume sempre la forma di un elefante, perché non esiste un animale capace di vincerlo: né il leone, né il bufalo, né il serpente”.

Ryszard Kapuscinski

Ci sono persone che associano l’Africa alle scarse condizioni igieniche, al pericolo degli animali selvatici e delle malattie tropicali.  Si tratta di timori non del tutto infondati: tuttavia, se si osservano determinate regole e se si seguono i consigli degli esperti, guardando a questo continente con grande rispetto, entrando in punta di piedi, mettendo da parte la presunzione e l’arroganza di cui siamo capaci noi occidentali ed entrando nell’ottica che siamo ospiti e come tali ci dobbiamo comportare, si torna a casa sani e salvi oltre che arricchiti di esperienze uniche ed irripetibili. Durante il nostro soggiorno in Botswana, abbiamo dormito per sei notti in tenda, nella savana, con tutti i disagi facilmente immaginabili: poca acqua calda, sabbia dappertutto, bagni chimici e freddo durante la notte, alzandoci prima dell’alba, per poter vedere gli animali, che non stanno ai comodi dei turisti e non escono a comando. Fortunatamente Izzy, Suzanna e gli altri ragazzi dello staff, hanno fatto tutto il possibile per alleviare questi disagi, ma è comunque necessario un buon spirito di adattamento, perché la vera essenza dell’Africa si può cogliere soltanto in questa maniera, scordandosi  tutti i comfort del lodge.

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È sicuramente un privilegio mangiare il cibo cotto sul fuoco, fare i pic-nic durante i safari, sedersi  accanto al fuoco la sera per ascoltare la natura dell’Africa e ammirarne lo splendido cielo stellato, con  la Croce del Sud, costellazione visibile solo nell’emisfero australe. Il Botswana è il regno degli elefanti che, come tutti gli animali, girano indisturbati per la savana, lasciando dappertutto i segni del loro disastroso passaggio e, proprio con gli elefanti, abbiamo avuto un paio di episodi curiosi. Nei primissimi giorni che eravamo lì, mentre stavamo pranzando sotto il tendone nel campo, ci siamo accorti della presenza di un elefante che girava attorno alle nostre tende, a pochi metri da noi e che, incurante del nostro grande stupore e incredulità, ha iniziato a scuotere gli alberi per cercare del cibo, servendosi sia delle zampe anteriori che  della  proboscide. Un altro giorno, mentre risalivamo il pittoresco fiume Khwai, nella riserva di Moremi, a bordo dei mokoro, imbarcazioni caratteristiche in vetro resina, abbiamo trovato un bel gruppo di elefanti con i loro piccoli, che ci ha sbarrato il passo; abbiamo dovuto arretrare di qualche metro e si percepiva un po’ di preoccupazione negli occhi dei  barcaioli, che forse temevano una reazione dei pachidermi. Caratteristica del Botswana è l’assoluta libertà degli animali: sono loro i veri padroni e gli umani, bisogna ripeterlo,  sono soltanto ospiti e come tali si devono comportare. Il Botswana ha fatto la scelta di stabilire dei prezzi alti, proprio per disincentivare  il turismo di massa e per scoraggiare l’arrivo di chiassose e dannose carovane turistiche. Inoltre, le regole all’interno dei parchi e delle riserve naturali sono severissime e guai a trasgredirle: ne va della propria incolumità e si rischia di essere ripresi duramente dai rangers.

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Non si va a spasso liberamente, non ci si può avvicinare troppo ai corsi d’acqua, ci si può fermare solo in determinate aree di sosta e la notte non si può uscire dalle tende. Abbiamo ammirato pressoché tutti gli animali africani e li abbiamo visti in tutte le salse, sia dalla jeep che dalle imbarcazioni e addirittura dall’alto, durante il volo sul delta dell’Okavango. Tra questi ci ha colpito sicuramente  il leopardo che abbiamo visto consumare il proprio pasto; benché fossimo parecchio distanti, abbiamo udito perfettamente i rumori della masticazione e lo scricchiolio delle ossa della malcapitata preda. Davvero impressionante, da far venire i brividi. Impressionanti sono stati anche i coccodrilli con le fauci spalancate, per nulla disturbati dalla nostra imbarcazione,  visti durante la navigazione sul Chobe, al confine con la Namibia. E nella nostra magnifica esperienza  non potevano mancare baobab secolari, tramonti e albe mozzafiato e paesaggi spettacolari da cartolina. Il giorno di ferragosto abbiamo salutato il Botswana e ci siamo diretti alla volta dello Zimbabwe, ad ammirare le strepitose ed imponenti Cascate Vittoria, formate dal fiume Zambesi e denominate nella lingua locale “Il fumo che tuona”. Esse fanno parte del patrimonio Unesco. Benché in questo periodo non siano nel pieno della loro  portata, la loro potenza è tanta e tale da impressionare e da incutere timore: con i loro arcobaleni sono belle da togliere il respiro! Alla fine del nostro viaggio, il ringraziamento più sentito, va ai ragazzi del campo, che davvero hanno faticato come muli per rendere possibili e piacevoli  il nostro soggiorno e i nostri spostamenti.

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In particolare alla nostra guida Izzy, che noi chiamavamo affettuosamente Isi, un ragazzo dagli occhi buoni e dalla pelle nera come l’ebano, che ha guidato la jeep per ore ed ore, con grande perizia e professionalità, su strade dissestate e allucinanti, che hanno messo a dura prova la nostra schiena e dove abbiamo mangiato polvere a go go. E a Suzanna, la nostra cuoca eccezionale, una donna corpulenta e solare, che ricorda un po’ la Mamy di Via col vento, la quale ogni giorno ci cucinava piatti davvero succulenti da far invidia ai grandi nomi della cucina: i nostri pranzi e le nostre cene preparate dalla mitica Suzanna, proprio perché prelibati e gustati in quel contesto spettacolare, non li avremmo cambiati  assolutamente con il miglior ristorante del mondo civilizzato. I sapori di quei cibi cotti sul fuoco, che ci hanno riportato ai tempi della nostra infanzia, hanno contribuito non poco a rendere piacevole il nostro soggiorno nella savana e non li scorderemo mai, insieme alle meraviglie scoperte in questo viaggio indimenticabile nel tropico del capricorno, viaggio i cui disagi è valsa davvero la pena di sopportare.

Cinzia Conforzi

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