Si parte per distrarsi, per cambiare aria, per scoprire cose nuove, anche per … sfuggire. Si parte a volte con aspettative precise, a volte con qualche timore, a volte inconsciamente, altre invece con l’animo pesante.
Se all’alba di quel lunedì mattina avessimo scrutato nell’animo di ognuna delle 24 persone pronte a partire chissà quali turbamenti avremmo trovato.
Sono stati i colori, la pacatezza del pastello bianco-ocra della pietra globigerina armoniosamente appoggiata accanto all’intensità blu del mare, la tenerezza delle sfumature d’azzurro del cielo pennellate qua e là da pacifiche nuvole, l’energia della luce, avvolgente ed affascinante, la freschezza del verde, teneramente dischiuso per noi fuori tempo, a sciogliere con dolcezza il velo grigio della preoccupazione.
Ed ora che sono arrivata qui sui gradini della Torre Rossa di Sant’Agata, ad un balzo dalla familiarità dell’Isola di Gozo e con lo sguardo felice di potersi posare su ogni più lontano orizzonte, so che questo mio zaino si è riempito di un altro importante pezzo di conoscenza.
Ed allora ecco che la mia mano cerca all’interno: la prima cosa che trova è la Gardjola, la torretta sospesa a guardia del porto e che ancora oggi scruta ed ascolta il rumore di un mondo in continuo divenire. Attorno a lei chilometri di imponenti mura, fortificazioni e bastioni, veri gioielli di progettazione ed architettura per noi oggi e veri testimoni di secoli di lotte per il bisogno primario di difesa e protezione. Quanti popoli sono arrivati qua, quanti differenti intenti sono approdati a queste scogliere e se l’ignoto fa paura, da sempre l’uomo lo sfida e lo esorcizza rafforzando e magnificando il nucleo in cui dimora.
Il pericolo, le invasioni, le distruzioni non hanno spento le più profonde espressioni dell’animo, ne hanno solo diversificato le manifestazioni. Merletti di pietra, marmi intarsiati, sculture dagli impulsi vitali, arazzi trapuntati di talenti impensabili, dipinti che animano i muri, volte così perfette e slanciate da far invidia al cielo e quel mistico esagerato bisogno di innalzare la fragilità a bellezza e l’imperfezione all’assoluto. E quando una certa luce od il buio, un’ombra, un volto, una mano, un dramma, sono talmente pennellati di umanità da trasmettercela in un brivido, si capisce che la natura umana, anche se agitata e contorta, ha un unico tempo.
Ecco che dallo zaino esce una croce ad otto punte: le otto beatitudini teologali, l’eternità, le otto nazionalità di provenienza dei Cavalieri di San Giovanni di Malta. La storia di quest’isola è la loro storia, le città di quest’isola sono le loro città, i simboli che scaturiscono ad ogni angolo, da ogni edificio, dal porto come dai giardini, dagli ospedali come dalle prigioni, traducono nel bene e nel male, la loro disciplina, le imprese militari ed i loro principi di assistenza e religiosità.
Dal semplice presepe sul davanzale delle case, alle statue poste agli angoli delle vie e nelle piazze, dalle croci a quattro braccia delle cattedrali od a sei delle basiliche, alle piccole chiese costruite qua e là, dalle catacombe gelosamente nascoste e ben costruite, ai templi di megaliti, blocchi di pietra proiettati al cielo, ogni cosa che trovo è un filo teso al Supremo, all’Altissimo, trasmette il bisogno di credere, di avere un punto fermo, una Potenza a cui rivolgere una preghiera ed ottenere un aiuto. Non a caso 365 chiese: quotidiano segno del dialogo che dall’abisso della fragilità e della paura cerca la via della salvezza.
E se per ingannare il Diavolo sulle chiese hanno posto due orologi con un’ora diversa dall’altra vi assicuro che neppure lui avrebbe potuto ingannare la nostra guida Fabrizia, affabilmente competente e talmente precisa da non sgarrare di un minuto anche se messa a dura prova dai tentativi acrobatici di Antonia sulle scogliere e dagli inseparabili geloni di Maria.
A proposito: gli effetti benefici della Madonna di Ta’ Pinu sembra siano stati elargiti anche a noi visto che Anacleto ha riconosciuto e collaborato con le qualità diciamo “nascoste” di Antonia ed insieme hanno permesso anche a tutti noi di beffare il diavolo anticipando di un’ora i festeggiamenti per il nuovo anno.
Estraggo ora una conchiglia e lo sguardo corre verso il mare. Un gioiello della natura le bianche scogliere a picco, il grande arco della finestra azzurra, i vortici della voragine sulla scogliera, l’arcobaleno tra gli spruzzi e il perfetto incastro a spina di pesce delle onde; un capolavoro dell’uomo come la filigrana le scacchiere delle saline, una partita aperta con il mare per l’immagazzinamento del sale e la sopravvivenza.
C’è ancora una cosa sul fondo ed è …una colomba. Una volta libera sorvolerà sia le grandi fortezze, gendarmi del passato, che i nuovi casamenti di mattoni e cemento sorti lungo la costa, manifestazione degli interessi di oggi. Chi può dire se valga di più ciò che tra simboli e scoperte ci è stato trasmesso lungo i secoli o quello che sembra essere l’unica prospettiva del presente ossia il tornaconto.
Eppure per tutto questo tempo ed in ogni tempo il bello brilla davanti ai nostri occhi, il bene è sempre dentro il nostro cuore. Perché è così difficile apprezzare ciò che ci arriva in dono dal passato, farlo crescere nel nostro presente e scegliere per lui un futuro positivo? Forse perché da quando mettiamo i piedi su questa terra lottiamo per capire, anche se altri ci dicono di aver già capito, cerchiamo di riconoscere, anche se per altri è tutto chiaro, cerchiamo la verità, accanto a mille altre verità.
Il volo è il nostro volo ma ovunque spazi, per quanto vicino rimanga o quanti orizzonti possa oltrepassare, spero sappia sempre attingere alla propria spiritualità per portare ovunque, anche nell’errore, l’onestà della propria conoscenza.
E allora SAHHA (arrivederci) bella Malta. Noi 24 viandanti, che abbiamo goduto della tua ospitalità, della tua pulizia e delle tue ricchezze, contenti della reciproca compagnia, torniamo a casa avendo imparato che nessuno può impedirci di diventare quel grano di sale che crea la storia e ne insaporisce il cammino.
Sara