Corso di Storia e cultura locali

XXI edizione 2020 – XXII edizione 2022

L’Ottocento a Belluno
Storia, società e cultura.

Dopo due cicli dedicati al Settecento, secolo che ha riservato notevoli sorprese sull’importante ruolo svolto dalla città di Belluno, l’interesse si è concentrato sul difficile momento di transizione tra il Governo della Serenissima e la Dominazione austriaca e francese, sulle dinamiche sociali tra vecchia nobiltà e borghesia, sulle trasformazioni economiche del territorio, sulle manifestazioni di una cultura sempre più aperta a nuovi stimoli.

Rita Da Pont ha parlato delle incertezze della transizione e del difficile passaggio tra il mondo veneziano e la soggezione “imperiale”, dopo il trattato di Campoformio del 1797, analizzando le cause della caduta di Venezia e le caratteristiche della prima dominazione austriaca, che ha introdotto qualche novità di tipo amministrativo, ma è stata di breve durata (1798-1805).
Più dettagliato il resoconto della vera e propria “epoca napoleonica” (1806-1813) e della seconda dominazione austriaca (1813-1848): nel corso della prima, nasce il Regno d’Italia con capitale Milano, di cui il Veneto è parte integrante, e vengono attuate riforme politico-amministrative che ammodernano in modo “irreversibile” apparati statali e società; nel corso della seconda, nasce il Lombardo-Veneto e si affinano gli strumenti di governo con l’istituzione della polizia, che diventa organo fondamentale del regime, e con una riforma del sistema fiscale.
A Belluno, la seduta del Consiglio Maggiore, tenutasi nel febbraio del 1806, chiude veramente un’epoca e in seguito la città sperimenta un nuovo tipo di amministrazione con il primo prefetto e il primo podestà, che appartiene alla nobile famiglia Agosti.

Con la seconda dominazione austriaca, si apre per Belluno una stagione nuova: oltre a confermarsi capoluogo di provincia, nel 1816, diventa città regia, con un delegato provinciale che è il rappresentante del Governo a livello locale. La nobiltà detiene posti di potere, ma è significativo il fatto che, nel 1849, venga nominato podestà Antonio Maresio Bazolle, figlio di Bortolo, mercante di granaglie. Nel 1831, la città sale alla ribalta nazionale per l’elezione a pontefice, col nome di Gregorio XVI, del bellunese Bartolomeo Alberto Cappellari.
Gli anni 1848-49 vedono rivoluzioni in Europa, in Italia, nel Veneto e anche a Belluno, dove la rivolta dura poche settimane: il Comitato Provvisorio Nazionale ha come segretario Jacopo Tasso, mentre Pier Fortunato Calvi diventa l’anima della rivolta cadorina.

Nel corso della terza dominazione austriaca (1848/9 -1866), inizia la lunga stagione del dissenso che si estende dalle Alpi al Polesine.
A Belluno il malcontento è evidente in tutti i ceti cittadini, nei quali cominciano a diffondersi le idee di Mazzini che portano alla preparazione di una rivolta in città, poi sospesa dagli stessi organizzatori .
Nel 1866 un plebiscito sancisce l’annessione dei Veneti al Regno d’Italia.

I due interventi di Francesco Piero Franchi hanno permesso di approfondire le motivazioni ideali dei cambiamenti storici avvenuti in questo periodo e di valutarne le ricadute sociali e culturali sul tessuto urbano. I cittadini di Belluno, nobili, borghesi, popolo, contadini, sono tutti “cives optimo iure”, cioè cittadini che godono dei più ampi diritti riconosciuti. Nonostante la carestia del 1815-17 e il fenomeno dell’emigrazione, la popolazione risulta in crescita e l’assetto urbano e viario viene migliorato per favorire le comunicazioni con la provincia. Viene costruito il ponte sull’Ardo, quello sul Piave. La città viene collegata alla strada di Alemagna e diventa spazio di rappresentazione da condividere e riqualificare: l’architetto Segusini fa parecchi interventi che cambiano l’aspetto della piazza principale, i nobili si impegnano per la costruzione del Teatro “sociale”.
A questa attività urbanistica si accompagna un fervore culturale che, grazie ad alcuni illustri concittadini come il compositore Antonio Miari, Tommaso Catullo, Girolamo Segato, Ippolito Caffi, portò Belluno alla ribalta nazionale e si espresse in una più consapevole partecipazione alla vita pubblica di tutti i ceti sociali presenti in città.
E’ in questo contesto favorevole che a Belluno nasce e si sviluppa una coscienza risorgimentale forte, come dimostrano le testimonianze raccolte dallo stesso Franchi in un’antologia, dove patrioti e intellettuali bellunesi, feltrini e cadorini, da protagonisti o partecipi di avvenimenti, parlano delle loro esperienze ed esaltano i loro ideali “risorgimentali”.
Sono aristocratici e artigiani, popolani e sacerdoti, tutti spinti dal desiderio di liberare la loro piccola patria dal dominio straniero e di unificare tutti gli italiani in una più grande patria, con progetti diversi di repubblica, monarchia, unitari e federalisti, laici e non, conservatori e rivoluzionari.
In proposito, basta ricordare l’impegno di Giuseppe Fantuzzi, don Pietro Follador, Pier Fortunato Calvi, Antonio Maresio Bazolle. Più problematica risulta la situazione economica: da testi del tempo e da saggi posteriori, pur con sottolineature diverse, l’Ottocento a Belluno appare un secolo politicamente movimentato e contrassegnato dal lento declino della civiltà rurale, e accompagnato da un timido avvio alla modernizzazione del capoluogo, rimasto però marginale.
La montuosità del suolo, la scarsa produttività, la fragilità idrogeologica sono tutti elementi che hanno sempre frenato la crescita del territorio, ma in questo periodo hanno caratterizzato una lunga stagione di emarginazione politica economica e, di conseguenza, sociale.

Giovanni Larese ha evidenziato, come elementi negativi, le infrastrutture insufficienti e l’isolamento che hanno determinato la nascita di un’economia locale basata sul fai da te, insufficiente per i bisogni di una popolazione che era in crescita, priva di capitali da investire in attività produttive. In questo periodo Belluno non ha mai avuto l’autorevolezza necessaria per esercitare una leadership sul Feltrino e il Cadore che cercarono più volte di aggregarsi rispettivamente a Treviso e a Udine.
Il territorio comunale comprendeva il centro storico abitato da possidenti, commercianti, impiegati, clero, e tre borghi: Borgo Prà, sede di artigiani, Borgo Piave, porto fluviale, Borgo Tiera dove lavoravano panificatori, vasai, calzolai. Intorno alla città, ben integrata, si estendeva la campagna di Oltrardo, Castion, Mier. Dopo il 1866 la città si estende nell’area rurale di Favola, in una zona retrostante piazza Campedel.
L’Austria arricchisce il tessuto urbano con la costruzione del Tribunale, del Municipio, del Cimitero di Prade, dell’Ospedale Civile e di altre infrastrutture. La presenza di scuole, caserme, uffici di governo, giudiziari e fiscali con relativi addetti, provenienti anche da fuori, contribuiscono a sprovincializzare la mentalità locale ed hanno una ricaduta positiva sull’economia.
Nel complesso il secolo termina con un bilancio positivo, dovuto ai collegamenti ferroviari con Treviso e ai lavori per l’illuminazione elettrica.

L’itinerario attraverso le vie cittadine, con la guida di Enrico Bacchetti, fa conoscere aspetti inediti di luoghi ed edifici legati a precisi eventi storici. Molte sono le testimonianze. A Prade, nell’osteria dei fratelli Stiz, si svolgeva attività antiaustriaca, Garibaldi, in città nel 1867, viene ospitato a Palazzo Malaspina (edificio Farmacia Perale), sulla cui facciata è ancora visibile il ritratto dell’eroe.
Allo stesso viene dedicata una delle vie di accesso al centro; in via Loreto si trovano la casa natale di Ippolito Caffi e una lapide in onore di Aristide Gabelli; in piazzale Cesare Battisti, sorge il monumento a Pier Fortunato Calvi.
Il settecentesco convento dei Gesuiti, dopo essere stato sede del Liceo-Ginnasio, diventa caserma intitolata a Jacopo Tasso, uno dei protagonisti del Risorgimento bellunese. In Piazza Vittorio Emanuele, l’area del Fondaco delle biade, con la costruzione del Teatro (1835), opera dell’architetto Segusini, e il Palazzo Fulcis-De Bertoldi diventano il centro della vita mondana cittadina.
In via Rialto, nel sottoportico del Casino Minerva, già sede della prestigiosa Accademia degli Anistamici, vengono murate lapidi in onore del pittore Antonio Pauletti e Ippolito Caffi.
Attraversata piazza Mazzini, lungo via del Cansiglio, si trovano le abitazioni di Iacopo Tasso con lapide annessa e di Antonio Maresio Bazzolle, che scrisse sulla rivoluzione del ’48 e fece una minuziosa cronaca degli avvenimenti bellunesi dal 1851 al 1894. Negli stessi paraggi, l’osteria al Sasso era la sede in cui si riunivano i patrioti per preparare la rivoluzione del dicembre del 1848, che coinvolse cittadini e molti contadini.
Anche il Seminario gregoriano, insediato nel 1834 in onore dell’elezione del papa Gregorio XVI, con don Sebastiano Barozzi che qui insegnava, racconta una storia tutta risorgimentale. Nell’attuale Piazza dei Martiri, il caffè Manin, esistente già dalla fine del Settecento, dedicato al patriota veneziano Daniele Manin, diventa un altro punto di aggregazione dei fautori della rivoluzione del 1848 e centro della socialità cittadina. Nella piazza compare la prima edicola per la vendita di quotidiani e a palazzo Barpo, situato di fronte alla chiesa di Santo Stefano, nasce la prima tipografia.
Il palazzo della Prefettura, in piazza Duomo, è ornato con i busti di Cavour e di Mazzini. Nel Municipio sono presenti busti e ritratti di Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Sebastiano Barozzi e in una lapide, che ricorda i morti del 1848-66, spiccano i nomi di Tasso e Caffi.
A palazzo Butta-Calice, attuale sede della Provincia, una lapide immortala i nomi degli otto bellunesi che parteciparono alla spedizione dei Mille.
Altre vie del centro, intorno alla direttrice di via Mezzaterra, conservano ancora il ricordo di luoghi storicamente importanti a conferma che il Risorgimento è stato per Belluno un evento importante, particolarmente sentito e partecipato, perché è riuscito a creare nei cittadini una coscienza “nazionale”.

Il ciclo di incontri ha riservato un omaggio a Dino Buzzati nel cinquantenario della morte. Monica Frapporti appassionata bibliofila ha infatti ricostruito le vicende della nota biblioteca, raccolta da Augusto Buzzati, padre dello scrittore, proprio nell’Ottocento, dispersa nel corso della prima guerra mondiale e successivamente, in parte, recuperata. Anche il bicentenario della morte del poeta agordino Valerio Da Pos è stato ricordato da Rosetta Girotto Cannarella con la presentazione di testi inediti, alcuni dei quali particolarmente interessanti per capire il contesto in cui è maturata la fine della Serenissima, e per approfondire i motivi che, nei nostri territori, hanno determinato il succedersi delle dominazioni di francesi e austriaci, fino all’annessione del Veneto al Regno d’Italia nel 1866.

La coordinatrice del corso
Rosetta Girotto Cannarella